Lettera circolare della Conferenza Episcopale Ungherese per la festa di Elisabetta d’Ungheria 2022

Cari Fratelli e Sorelle,
ventiquattro anni, meno di una generazione. Questo è il tempo che è stato dato a Santa Elisabetta d’Ungheria, una delle sante ungheresi più famose e modello esemplare dei generosi giovani, madri e vedove. Tuttavia lei, come l'incarnazione terrena dell'amore attivo visse una vita completa. Ciò nonostante un breve tempo che le è stato dato: fu una bambina allegra, una moglie e madre amorevole, una vedova addolorata ma soprattutto una persona che aiutò i bisognosi. Fece il bene per convinzione e devozione. La sua santità di vita fu evidente per i suoi contemporanei, e per questo fu possibile che fosse già onorato tra i santi solo tre anni dopo la sua morte.


La festa di Santa Elisabetta d’Ungheria, che ricorre ogni anno, è una buona occasione per alzare lo sguardo dai problemi quotidiani della nostra propria vita e aprire il nostro cuore a coloro che si trovano in una situazione più difficile di noi. La figlia del nostro re Andrea II d'Ungheria fu ben consapevole dell'avvertimento di San Giacomo: "L'uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede" (Gc 2,24).
La vita di Santa Elisabetta fu una testimonianza. Una testimonianza per Cristo, una testimonianza per l'illimitatezza dell'amore. Spese tutti i suoi beni per sostenere i poveri e i bisognosi. Per centinaia di anni i suoi miracoli e le sue leggende dettero orientamento a molti in tutto il mondo dal cristianesimo e dall'umanità. Un momento impressionante della sua vita fu quando una volta nella chiesa, davanti alla Vergine Maria, si tolse la corona dal capo e si prostrò perché si sentiva che non poteva averci una corona più bella della sua Madre Celeste. Anche in questo piccolo gesto si vede che il suo servizio non era solo un aiuto a se stesso, ma l'annuncio del Regno di Dio manifestato nelle azioni.
Papa Benedetto XVI scrive questo sull'attività caritativa della Chiesa nell'enciclica Deus caritas est: „l'intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l'uno dall'altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” (Deus caritas est, 25).
Questo è lo spirito che cerchiamo di manifestare durante le attività caritative della nostra Chiesa. Nota bene, nei primi tempi del cristianesimo già i pagani ammirarono il servizio dei discepoli di Cristo nell’aiuto dei bisognosi e attirarono la loro attenzione alla comunità cristiana. I membri della Chiesa durante la storia cercarono di aiutare affettuosamente i bisognosi, testimoniando l’appartenenza a Cristo.
I collaboratori e i volontari della Caritas Hungarica lavorano che quell'amore attivo il quale manifestò nella vita di Santa Elisabetta faccia parte alla vita quotidiana della nostra Chiesa. Sul suo esempio, la Caritas Hungarica accoglie anche il pensiero di Papa Francesco, che il 19 ottobre di quest’anno ha rivolto ai partecipanti del Forum dell'Alimentazione Mondiale: «L'uomo stesso deve essere al centro dell'attenzione, nella sua piena realtà e con tutti i suoi reali bisogni, soprattutto pensando ai bisognosi». Da febbraio ci incontriamo con un nuovo gruppo dei bisognosi. Il nostro Paese cerca di aiutare con ogni mezzo che è al servizio dei più bisognosi e della pace. Secondo le intenzioni della Conferenza Episcopale Ungherese, i collaboratori della Caritas Hungarica sono costantemente presenti al confine ucraino- ungherese, fornendo aiuti alla Transcarpazia e alle zone di guerra. Forniscono un'assistenza complessa a chi desidera stabilirsi nel nostro Paese: oltre a un'assistenza rapida, forniscono supporto per affitti, questioni legali o consigli per trovare lavoro e scuola, ma la cosa più importante è che si rivolgano ai bisognosi con presenza personale, umana e con amore di Cristo.
Da cristiani siamo particolarmente inorriditi dalla guerra. Crediamo che il rispetto e la comprensione reciproci siano ciò che può promuovere la pace. Esattamente sessant'anni fa, nell'autunno del 1962, iniziò il Concilio Vaticano II, una delle idee centrali del quale era proprio la pace. Secondo i Padri sinodali, la pace è «il frutto dell'ordine che il suo Creatore ha instillato nella società umana, e che deve essere realizzato da persone assetate di una giustizia sempre più grande» (Messaggio di Papa Giovanni Paolo II per la 35a Giornata Mondiale della Pace; 1o gennaio, 2002).
Tuttavia, non dobbiamo nemmeno guardare fuori dal nostro Paese per trovare persone in situazioni difficili. Anche a casa siamo di fronte al drastico aumento dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari e sperimentiamo nella nostra vita quotidiana che l'aumento dei costi rappresenta una grave difficoltà per molte famiglie, comunità, scuole e imprese. Seguendo l'esempio di Santa Elisabetta, incoraggiamo tutti a essere strumenti utili nelle mani di Dio nei tempi difficili che ci attendono, a notare coloro che ci circondano che hanno bisogno di aiuto e a partecipare alla pratica dell'amore simile a Cristo al meglio delle nostre capacità. Papa Francesco lo ha incoraggiato il 27 settembre, raccomandando all'attenzione dei suoi seguaci le parole di San Vincenzo de' Paoli nel suo post sui social media: "Chiediamo la grazia per la Chiesa e per noi stessi di vedere nell’uomo affamato, assetato, straniero, spogliato delle vesti e della dignità, ammalato, incarcerato il Signore Gesù».
Chiediamo con fiducia ai nostri fedeli di aiutare il servizio caritativo e sociale della nostra Chiesa con le loro donazioni domenica 20 novembre, che dimostra l'amore provvidenziale e misericordioso di Dio.
Budapest, il 5 novembre 2022
    la Conferenza Episcopale Ungherese
Da leggere in tutte le sante messe alla 33a domenica del Tempo ordinario il 13 novembre 2022